Parla Anemos

02
Feb

Le relazioni nell’era della pandemia: ce la faremo?

Fondazione Anemos vuole essere vicina a tutti coloro che stanno cercando di superare al meglio questo particolare momento storico e che stanno aiutando anche gli altri a farlo. Crediamo fermamente che, in questa situazione davvero epocale per tutti noi, l’approccio olistico alla salute delle persone, basato sulla cura e amore di sé attraverso la sana alimentazione, l’attività fisica corretta, la fitoterapia e la meditazione, sia ora più che mai un’ancora di salvezza nella tempesta e una luce che ci può aiutare a ritrovare la strada. 

I prossimi articoli pubblicati sul nostro sito saranno dedicati proprio al tema dello Stress, causato in particolare dall’emergenza sanitaria attuale, con l’intento di offrire non solo spunti utili di riflessione, conoscenza e consapevolezza, ma anche consigli e soluzioni concrete per poter comprendere al meglio questo momento di difficoltà e superarlo, possibilmente con speranza ed ottimismo.

Questo momento che stiamo vivendo sta evidenziando qualcosa che non avremmo voluto riconoscere. Nonostante i buoni propositi iniziali scritti ovunque con “ce la faremo” e “andrà tutto bene”, ci ritroviamo invece ad essere più soli, stanchi, stressati, sfiduciati, privi di energie, speranze e libertà. Sembra che la pandemia abbia portato con sé una morte delle relazioni, dello “stare con”, del sentirsi parte di una comunità, e uno spegnersi del desiderio.

Fin dalle origini dell’umanità la nostra evoluzione è contraddistinta dall’inevitabile verità che siamo creature che possono sopravvivere e prosperare soltanto in gruppo, con un coordinamento ed una collaborazione continui.

Le neuroscienze lo stanno confermando e gli studi dimostrano che “il lavoro del nostro cervello è quello di assicurare la nostra sopravvivenza e, proprio per questo, l’evoluzione ci ha dotato dei lobi prefrontali che dovrebbero essere attivi e flessibili,

per evitare di essere persone abitudinarie, con relazioni superficiali e routinarie, senza inventiva e innovazione, tanto meno, scoperta e meraviglia”.

In questo periodo, connotato da esperienze che ci hanno fatto vivere un trauma collettivo, i nostri lobi prefrontali sono stati messi a dura prova, poiché per tanti mesi abbiamo sperimentato che non tutto è ovvio, che ci sono esperienze che non trovano spiegazioni, che il nostro bisogno di incontrare e stare con gli altri non solo non è assicurato, ma può essere fonte di pericolo e contagio.

Le domande che ci fanno crescere

Il fatto di vivere con tante incognite legate alla nostra salute e a quella di chi amiamo e di vivere situazioni finora sconosciute, con verità poco intelligibili per la maggior parte delle persone, piuttosto che renderci più duttili e flessibili, forse, ci ha resi più rigidi ed intolleranti.
Nonostante questo, la pandemia ci sta insegnando che, piuttosto di scontrarsi e combattere con dubbi che per ora non trovano soluzione, bisognerà ripartire dall’unico dato certo che abbiamo, ovvero il nostro bisogno di stare con gli altri e di sentirsi parte di una comunità.

Se il primo passo può essere la consapevolezza di una situazione che ci sta deteriorando, rendendoci peggiori di quello che vorremmo essere, quali strategie possiamo adottare? Cosa possiamo fare per uscirne?
Freud ci direbbe che gli esseri umani vengono al mondo non solo per trovare delle risposte, ma anche per porsi degli interrogativi.

Ed è solo con il coraggio e la perseveranza che tutti noi lasciamo un segno nella nostra e altrui vita.

Allora cominciamo con il nutrire la capacità di porre e porsi domande vere, autentiche, relative al perché della sofferenza, del dolore, della morte. Per farlo, per avere la capacità di fare buoni quesiti a sé stessi e agli altri, bisogna avere coraggio e gentilezza che, si badi bene, non dev’essere intesa come cortesia, buonagrazia, graziosità, leggiadria, soavità o compiacenza, quanto piuttosto come flessibilità, duttilità, non-durezza, adattabilità.

Prendersi cura gli uni degli altri

Tale concetto è ben illustrato nel libro di Gianrico Carofiglio “Della leggerezza e del coraggio”. Esso consiste essenzialmente nella percezione dell’altro, nella capacità di mettere a silenzio l’ego, la sua invadenza, la sua rumorosità, perché più ci lasciamo dominare dall’ego nelle nostre transazioni interpersonali, più incrementiamo e inaspriamo gli inevitabili conflitti, invece di disattivarli. Perché la gentilezza inizia quando comprendiamo che tutti soffriamo.

Porre fiducia in un noi ancora sconosciuto e disabitato: questa è la vera sfida. Cominciando a non dare nulla per scontato, ad aver cura di chi ci è vicino, a donare la nostra essenza e bellezza a chi amiamo. Regalandoci la possibilità di farci domande, di non accontentarci di una mera superficialità nel rapporto con gli altri, continuando a creare momenti di stupore e meraviglia.

La poesia di Italo Calvino ci aiuta a capire come fare:
“L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.

Soltanto in questo modo, attraverso domande, coraggio e gentilezza, quel noi sconosciuto e disabitato potrà diventare un luogo conosciuto e popolato da persone che scelgono di cercare il “non inferno”, per farlo durare e dargli spazio, nonostante il distanziamento sociale. Per cominciare a fidarsi di un “noi”, nell’aver cura, che significa non andarsene, ma restare vicino, soprattutto a chi è colpito, a chi cade, a chi è nel dolore. Forse così, a partire da ora, possiamo prepararci a rapportarci con gli altri durante quest’emergenza sanitaria.


Dott.ssa Vania Cusinato – Psicologa


Bibliografia

Bessel Van Der Kolk, Il corpo accusa il colpo, Mente corpo e cervello nell’elaborazione delle memorie traumatiche, Raffaello Cortina Editore, 2015

Gianrico Carofiglio, Della gentilezza e del coraggio. Breviario di politica a altre cose, Feltrinelli Editore Milano, 2020

Italo Calvino, Le città invisibili, Einaudi, 1972

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