Parla Anemos

27
Lug

Non ho tempo!

Nel libro “La vita davanti a sé” di Roman Gary si racconta che “il signor Hamil s’era perduto dentro, perché la vita fa vivere la gente senza fare una grande attenzione a quello che gli succede.” Con il passare del tempo dimentichiamo o non ci permettiamo più di regalare a noi stessi un tempo necessario per accudire, curare, amare la vera ricchezza: la nostra interiorità.

Godere dei piaceri semplici

Ai bambini si leggono le favole: grandi meravigliosi racconti che rappresentano la vita dell’uomo, il suo cammino evolutivo, le possibilità di crescita attraverso le tentazioni del male, i deserti della solitudine, la perdita di sé stessi, la ricerca della propria essenza. Raccontiamo loro che i tesori più preziosi vengono custoditi dal drago più terribile e che per poter raggiungere quei tesori bisogna andare dal drago e baciarlo. Con il passare degli anni, dimentichiamo l’importanza di trovare un tempo per scavare in profondità, per essere avidi di piaceri semplici, ma investiamo tempo per lasciare nascosto e sepolto quel tesoro laddove si trova. Diventiamo affannati, sempre senza tempo, sempre alla rincorsa di qualcosa o qualcuno, di lavori da sbrigare, di adempimenti da portare a termine, di ricette già pronte per trovare la soluzione ai nostri mali.

Lo sforzo è rivolto ad ottenere risultati, promozioni, riconoscimenti da parte degli altri per tutto il luccichio ed il perenne ottimismo che dobbiamo costantemente esibire. Il nostro tempo è dedicato a mostrare una sorta di vita parallela, quella che ci sembra sempre bella, accecante, adeguata al nostro tempo. Tutto deve essere facile, raggiungibile, veloce. Si vuole evitare l’impatto con il lato oscuro della propria persona, le difficoltà, le rinunce, gli sforzi necessari per le conquiste dei nostri lati più reconditi. Jung invece direbbe che non si diventa illuminati immaginando figure di luce, ma diventando coscienti del buio. Ma questo non può avvenire nella frenesia della vita quotidiana, nel rincorrere sempre qualcosa al di fuori di noi, con una attenzione distratta verso ciò che siamo. 

Sviluppare la propria coscienza

In psicologia si parla di “coscienza autonoetica”, (Wheeler et al. 1997; Siegel,2001), ovvero quella capacità di sviluppare un’immagine più complessa di noi stessi e del mondo, quella capacità di acquisire un nuovo modo di intervenire negli scambi relazionali che può avvenire costruendo una mappa generale di quello che siamo nel corso del tempo, e nell’incontro con altri, lungo il fluire degli eventi importanti della vita di ogni persona. Questa coscienza riguarda la percezione che abbiamo di noi stessi come persone “olistiche”, consapevolmente ed emotivamente collocate nello scorrere dei momenti rilevanti della nostra esistenza e nell’accumularsi di memorie di ordine autobiografico.

Il carattere integrativo ed organizzato della coscienza autonoetica è direttamente connesso alla capacità di fare “viaggi mentali” nel tempo, di avere una visione di noi stessi in un particolare momento del passato, nella realtà del presente e nel futuro. In questo si ritrova l’autenticità della persona che può creare scambi più intimi, accedere a livelli di spontaneità e creatività per la propria vita. Ma c’è bisogno di tempo per questi viaggi dentro al nostro mondo interiore, per raggiungere quell’abbandono meditabondo che ci porta al di là di noi stessi.

Ricaricare le energie

Anche le neuroscienze dicono che il nostro cervello ha bisogno di tempo, di momenti di assoluto riposo, di ozio, di periodi di regolare inattività che sono la condizione indispensabile per la creatività, la salute mentale, l’autoconsapevolezza, tuttavia siamo talmente abituati a fare sempre qualcosa, che proprio non ci riesce di non fare assolutamente nulla. Non sappiamo come fare, per fare a meno di qualcosa. Non riusciamo a oziare perché dobbiamo fare i conti con lo spirito del nostro tempo. Nella nostra epoca iperattiva, segnata da un cronico affaccendarsi, il non fare niente è un’oscenità. Sa di stallo, perdita di tempo, pigrizia, infrazione del comandamento di efficienza e dell’imperativo categorico di ricavare sempre il meglio da sé e dal proprio tempo.

E forse aveva ragione Blaise Pascal quando diceva che tutte le nostre miserie derivano dal fatto che non siamo capaci di restare seduti tranquillamente soli in una stanza. Nell’incontro autentico e solitario con noi stessi, ci verrebbero a trovare i nostri fantasmi e non sapremmo come allontanarli, perché non abbiamo difese, essendo sommersi da una nuova forma di povertà che è quella di non avere tempo. In questa presunta mancanza di tempo dimentichiamo di fare qualcosa per noi stessi per aiutarci a liberare energia creativa che significa non fare ma semplicemente essere, curare le relazioni umane, passeggiare, leggere, ascoltare la musica che più ci piace, allenarci a immaginare, a sognare, a stare in quella quiete trasognata colma di vera ricchezza.

Ridefinire le priorità

I poeti e i bambini l’hanno capito che, per ritrovare la nostra anima, bisogna dedicarle attenzione e tempo, perché il rischio è di passare giorni e anni senza di essa. A tal proposito W. Szymborska, in una poesia, ci mette in guardia dal rischio di passare giorni e anni senza la nostra anima, perché non possiamo trovarla in occupazioni faticose e noiose, in quelle conversazioni inutili e banali in cui si parla di nulla. L’anima preferisce il silenzio, quando stiamo nella verità di noi stessi, nella curiosità di conoscere il mondo e nella saggezza di chi sa di non sapere nulla.

La mancanza di tempo ha un costo per la salute mentale e questo richiede dei cambiamenti. La complessità di ciò risiede nel fatto che non tutto dipende da noi. Il modo in cui si articolano la società e i nostri orari non sempre ci consente di conciliare la sfera lavorativa con quella personale, la sfera professionale con quella familiare e ciò che è obbligatorio con quello che è desiderabile. Di conseguenza è chiaro che serve una profonda riformulazione del nostro stile di vita. In ogni caso, e nella misura del possibile, anche noi possiamo riflettere su alcuni aspetti come per esempio distinguere le cose urgenti da quelle importanti, imparare a delegare, trovare uno spazio di tempo da dedicare a chi amiamo.

Il rischio che corriamo è di diventare sempre più poveri, perché la mancanza di tempo è anch’essa una forma di povertà emotiva ed esistenziale che ci priva della vita poco per volta. Nutriamo invece la vita, quella vera, inventiamo per noi momenti di pace e di quiete profonda, per cercare quel tesoro nascosto in noi, custodito da un terribile drago che dobbiamo baciare. Sarà un’avventura, ma sicuramente ne varrà la pena.


Dott.ssa Vania Cusinato – Psicologa


Bibliografia

  • Wislawa Szymborska, “Qualche parola sull’anima” (poesia)
  • Romain Gary “La vita davanti a sé”, Edizione Neri Pozza
  • Giovanni Boria “Psicoterapia psicodrammatica. Sviluppi del modello moreniamo nel lavoro terapeutico con gruppi di adulti”, Edizione Franco Angeli
  • Domenico De Masi, “Ozio creativo”

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